Sulla terapia immaginativa

  • Benessere psicologico e immagini mentali
    • Interazione e dialogo con le emozioni
    • Immagine come simbolo, esperienza del sentire e lente
    • Terapia centrata sull’intervento e terapia centrata sulla persona
    • Stati di confine della coscienza

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Definiamo i termini

La terapia è l’insieme dei mezzi e dei modi usati per ristabilire il benessere psicologico o ridurre un disagio. O trovare soluzione a un problema che si presenta in determinate esperienze emotivo-relazionali.

Una terapia immaginativa utilizza la facoltà della nostra mente di visualizzare immagini mentali. Queste non sono solo di tipo visivo, come la parola sembra suggerire, ma anche di tipo uditivo, tattile, possono riguardare percezioni e sensazioni corporee di posizione e movimento.

L’immaginazione, infatti, è un’esperienza multisensoriale.

Parliamo al plurale

Le terapie e le tecniche immaginative sono tante e diverse nella loro applicazione e negli obiettivi. Tutte, però, si basano sul fatto che eseguire un’azione e immaginare di eseguire la stessa azione attivano, in parte, le medesime strutture neuro-cognitive.

Questo, oggi, è stato ampiamente dimostrato attraverso esperimenti che hanno confrontato il tempo impiegato per fare e per immaginare azioni e osservato variazioni nella frequenza cardio-respiratoria molto simili nelle due condizioni.

Sono state osservate, inoltre, attraverso strumentazioni di neuro-immagine (fRMI, PET) attivazioni parziali delle medesime aree cerebrali nella situazione di preparazione ed esecuzione di azioni reali o immaginate.

Immagine tratta dallo studio di la Fougere, Zwergal, et al. (2010). Real versus imagined locomotion: a [18F]-FDG PET-fMRI comparison. NeuroImage. 50. 1589-98. 10.1016/j.neuroimage.2009.12.060.

L’immaginazione, quindi, ti permette di fare esperienze “terapeutiche” e funge da strumento di interazione e di dialogo con il mondo del sentire e con le emozioni. Per questo come strumento si presta ad essere applicato e utilizzato attraverso molte tecniche, approcci e tradizioni terapeutiche.

Il campo psicologico, inoltre, non è l’unico che si avvale di questa facoltà umana per coltivare il benessere e/o per aumentare certe possibilità personali, si pensi a titolo di esempio alla meditazione e alle pratiche affini.

Se la facoltà di fare esperienze immaginative è un mezzo, ciò che la rende terapeutica riguarda gli obiettivi perseguiti, le cornici e i contesti in cui viene inserita e proposta, oltre che le modalità degli interventi.

Stesso strumento, diversa funzione

Ciò che conta di fronte alla libertà del mare non è avere una nave, ma un posto dove andare, un porto, un sogno, che valga tutta quell’acqua da attraversare.

Alessandro D’Avenia

Evocare immagini mentali è una tecnica con funzioni e obiettivi diversi a seconda dell’approccio e dell’orientamento teorico. Ciò che cambia è l’obiettivo per cui lo si utilizza, il ruolo che gli si attribuisce e la funzione che assume all’interno del contesto in cui viene proposta.

Mettiamo il caso, per esempio, che io ti proponga un’immagine evocativa come quella nella citazione di D’Avenia, qui sopra. Se tu rispondessi che basta starci nel mare per sentirne l’effetto, anche senza isole o porti da raggiungere -in linea con Joseph Conrad e i suoi racconti. Potrei “usare” questa risposta in modi diversi:

  1. Interpretare la risposta in modo simbolico;
  2. Collegare l’immagine-risposta con un vissuto emotivo;
  3. Chiedere che cosa intendi con questo per accedere al mondo dei tuoi significati personali ed entrare così in relazione con te e con il tuo mondo, per comprenderlo e capire innanzitutto di cosa hai bisogno.

Questi tre modi sono esempi di diversi approcci psicologici. Seguono alcuni esempi ideati e sviluppati a scopo illustrativo.

1. Immagine simbolica -Il terapeuta si pone in esplorazione dei significati della persona attraverso l’interpretazione di simboli.

Ipotizziamo di usare una simbologia pre-confezionata, per semplificare l’esempio, considerando i personaggi anti-eroici presenti nella narrativa di Conrad. Così, le immagini mentali diventano linguaggio e comunicazione di mondi emotivi e l’interpretazione di simboli potrebbe portare a credere che ti identifichi nell’atmosfera d’insicurezza e pessimismo degli scritti di Joseph Conrad.

Assumendo così che la stessa simbologia valga per tutti uguale, ti direi quali sono le ragioni dei tuoi comportamenti e delle tue emozioni, basandomi sull’interpretazione dei simboli che giungono alla mia attenzione. Questo con l’intento di ampliare la tua consapevolezza.

2. Esperienza emotiva pregressa

“In quali occasioni ti sei sentito come se fossi in mezzo al mare senza un luogo da raggiungere? e qual’era l’effetto?” potrebbe chiedere il terapeuta che usa le immagini mentali per la rielaborazione emotiva dei pensieri legati a un ricordo doloroso.

Al cospetto di un esperto e in un contesto suggestivo vien da sé di creare un collegamento fra l’immagine “emotiva” e l’eventuale esperienza ricordata e interpretata come traumatica. La rivisitazione di alcuni vissuti passati ha l’obiettivo di elaborare razionalmente il ricordo, per ridimensionare intensità e rilevanza delle emozioni legate ad esso.

Rischia però anche di creare l’idea di una esperienza traumatica che catalizza l’attenzione nel passato.

3. Allineamento metaforico

Le immagini mentali usate come veicolo di significato diventano linguaggio metaforico, ma anche una lente attraverso cui mettere a fuoco il modo in cui tu rappresenti te stesso, gli altri e il mondo. Questo avviene secondo il senso, il significato e i valori che tu stesso attribuisci ai tuoi vissuti.

Potrei chiederti, quindi, a che cosa tu ti riferisca in particolare citando Conrad. Potrei valutare se sia per te abitudine porti in contraddizione con le opinioni altrui, come in questo caso. E così, per tornare all’esempio, aprire a riflessioni personali come quella che talvolta conti più il viaggio della meta, in quali modi il tuo viaggio si stia rivelando piacevole e in quali meno e altri dettagli e implicazioni importanti e significativi per te.

Tecniche immaginative formali e informali

Una tecnica formale è strutturata in passi prefissati e dotata di nome e acronimo. Essa pone l’intervento immaginativo al centro della terapia. Come a dire che la terapia è centrata sull’intervento immaginativo, o sulla simbologia unica delle proprie teorie, o ancora sui procedimenti di ricerca di memorie traumatiche.

Le tecniche informali, diversamente, sono inserite nel colloquio. Si utilizzano, quindi, in una terapia centrata sulla persona. Così attraverso domande, prescrizioni o compiti assegnati, dialoghi improvvisati, linguaggio evocativo, il terapeuta accompagna la persona: ad anticipare eventi e volontà future, a cambiare prospettiva immaginandosi in panni diversi dai suoi, ad assumere uno sguardo esterno sulle proprie scelte e emozioni.

Si usano le immagini per comunicare in modo evocativo e per smuovere il mondo emotivo, per produrre alterazione senso-percettiva e indurre così a una riorganizzazione dell’esperienza perturbata del mondo e di sé.

Immaginazione e coscienza

L’immaginazione è uno dei processi coscienti più evidenti. Gli atti della coscienza si configurano come una simulazione del comportamento e delle sensazioni che lo accompagnano.

Attraverso l’immaginazione guidata è possibile sperimentare stati di rilassamento e di riduzione della vigilanza in stati di coscienza simili ai sogni a occhi aperti e alle fantasticherie. Si parla di stati pre-ipnotici o di stati modificati di coscienza.

In tali condizioni alcune percezioni sono modificate rispetto all’ordinario per influire sull’esperienza soggettiva. Si tratta di stati al confine della coscienza vigile, che non si differenziano molto dalla distrazione, dall’incantamento, dall’estraneazione o dal disorientamento.

La destabilizzazione sul piano cognitivo porta ad una rielaborazione coerente fra realtà percepita e coscienza di sé. Questo apre a soluzioni nuove e a nuovi modi di sentire.

Ora immagina… se vuoi

Guarda quella sagoma, là in fondo sul sentiero, è una persona e sta camminando verso di te. Ci vorrà un po’ prima che vi incrociate, il tempo che serve per preparati mentre le vai incontro. Sì, perché ha delle cose da dirti molto importanti. Può rassicurarti o sorprenderti, forse può deluderti, ma decidi tu. Decidilo prima. Potresti avere delle domande da farle.

Senti il cinguettare dal bosco e il ristoro dell’ombra in questa giornata di primavera. Fermati un attimo a pensare che cosa vorresti che ti dicesse. Qualcosa che potrebbe toccarti.

Puoi fidarti di quella persona? Ascolterà? Ti terrà in considerazione? Dirà quello che vuoi sapere? Ha un’andatura veloce, come se avesse un luogo da raggiungere, o prende tempo per misurare il passo?

A queste domande puoi rispondere, già quella persona là in fondo che arriva sei tu, fra qualche tempo. Tra un anno o venti, secondo quello che vuoi sapere. C’è un luogo immaginario in cui potete incontrarvi, là sul quel sentiero.

Come ti vedi? Capelli, abbigliamento, aspetto, modo di porti. Quale sarà il tuo tono di voce? Prefiguralo per riconoscerti.

Ecco vi avvicinate. Fermati. Chiedi e ascolta.